Reingegnerizzazione del Codice Sorgente del Vaccino BioNTech

REVERSE ENGINEERING

L’ingegneria inversa (reverse engineering) è una tecnica che studia il processo di analisi di un prodotto tecnologico al fine di capire come è stato strutturato (ingegnerizzato) e quali sono state le motivazioni che hanno portato a determinate decisioni. L’utilità di questa tecnica è per produrre un altro prodotto che abbia funzionalità analoghe o migliori, utilizzando nuove tecnologie e comunque più adatto al contesto di interesse (in alcuni casi anche in grado di interagire con quello originale).

Il reverse engineering deriva dall’ingegneria meccanica, infatti attraverso differenti metodi di misurazione e scansione di una macchina o di un dispositivo meccanico, è possibile ottenere informazioni sui singoli componenti permettendo in tal modo di comprendere appieno il funzionamento dell’intero sistema. È per questo motivo, che questa tecnica è utilizzata per studiare i prodotti concorrenti, nel tentativo di migliorare o adattare il proprio prodotto, rendendolo più competitivo sul mercato. Molte aziende vietano l’utilizzo del reverse engineering dei propri prodotti dichiarandolo nei propri termini di licenza.

L’ingegneria inversa è anche utilizzata nel campo militare per studiare le tecnologie delle altre nazioni al fine di realizzare delle armi migliori (ne sono degli esempi gli impieghi durante la Seconda guerra mondiale e la guerra fredda).

 

Reverse Engineering nel campo software

L’ingegneria inversa si applica anche nel campo del software per risalire al codice sorgente di un’applicazione, a partire dall’eseguibile. In questo modo si possono ottenere una serie di informazioni sul funzionamento interno del software utili per riprogettare un’applicazione simile ma con migliori funzionalità. Ad esempio, può essere utilizzata per reingegnerizzare un software scritto in C++ al fine di renderlo multipiattaforma (ricodificandolo quindi in Java). La reingegnerizzazione richiede una modifica del processo produttivo.

 

L’ingegneria inversa del codice può essere utilizzata in differenti campi fornendo diversi vantaggi:

  • Controllo e gestione della qualità del funzionamento del proprio software;
  • l’analisi di malware e virus per comprendere come funzionano e in quale modo vengono progettati dai programmatori, con lo scopo di riconoscerli, neutralizzarli, isolarli; nel caso dei ransomware, l’analisi è mirata a trovare vulnerabilità che consentono di scoprire le chiavi utilizzate da essi per cifrare i file del malcapitato di turno;
  • la ricerca di falle di sicurezza (virus, ransomware e altri programmi malevoli e dannosi) nei software proprietari allo scopo di correggere le eventuali vulnerabilità e rendere i prodotti più sicuri;
  • ricerca di bug nel software;
  • portabilità o manutenzione di abandonware (software obsoleto);
  • il recupero di informazioni perse (file sorgenti, documentazione di software, etc.);
  • ulteriore sviluppo del software datato non più funzionante con gli attuali sistemi operativi;
  • miglioramento della compatibilità di un software con piattaforme e software di terze parti;
  • analisi dei protocolli di comunicazione.

 

L’ingegneria inversa è una tecnica che può essere utilizzata anche per scopi illeciti, ad esempio per:

  • la violazione delle restrizioni nell’utilizzo di software, come ad esempio la rimozione delle licenze;
  • la ricerca di falle di sicurezza e vulnerabilità nei software proprietari allo scopo di creare attacchi informatici;
  • la creazione di malware a partire da software esistente;
  • il furto di informazioni, l’accesso non autorizzato a sistemi e etc.

 

IL VACCINO

Il vaccino è un farmaco che produce nel sistema immunitario una reazione atta a produrre anticorpi in grado di contrastare i microorganismi responsabili di una determinata malattia.

I vaccini, incluso anche il nuovo coronavirus del 2019 (Covid-19), pur non essendo tutti uguali, in quanto possono utilizzare tecnologie, procedure e approcci differenti, agiscono sempre per produrre nell’organismo una risposta immunitaria in grado di impedire lo sviluppo della malattia.

Per essere più precisi:

  • SARS-CoV-2: è la sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-2
  • COVID-19: è il nome dato alla malattia associata al virus SARS-CoV-2.

 

Tutti i vaccini, di qualsiasi tipologia, hanno come obiettivo quello di informare e istruire il sistema immunitario a riconoscere una parte di un virus. Tradizionalmente, i vaccini (vaccini a vettore virale) contengono una versione indebolita (attenuata) del virus o di sue componenti (proteine distintive del virus che vengono purificate) per stimolare il sistema immunitario a produrre gli anticorpi da utilizzare quando incontrerà l’agente eziologico attivo.

 

Quando il vaccino viene iniettato, infatti, il corpo reagisce come se stesse affrontando un’infezione senza averla effettivamente contratta. In questo modo si innesca una risposta del corpo tale da riconoscere, attraverso lo sviluppo della memoria immunologica, l’agente estraneo contro cui il vaccino è diretto. I tempi di reazione, tra l’altro, risultano essere molto più rapidi di quelli che si avrebbero in risposta ad una infezione naturale dell’organismo che non abbia contratto precedentemente la malattia.

 

Il vaccino, quindi, è un farmaco che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi, deputati a combattere i microrganismi causa di malattia. In pratica, quando ci vacciniamo, il nostro corpo reagisce come se stesse affrontando un’infezione, senza tuttavia averla contratta. La vaccinazione lo rende, cioè, capace di riconoscere, attraverso lo sviluppo della memoria immunologica, l’agente estraneo contro cui il vaccino è diretto e di innescare una risposta immune. Molto più velocemente di quanto avverrebbe in risposta a una infezione naturale in una persona che non abbia precedentemente contratto la malattia.

La vaccinazione rappresenta ad oggi la misura di medicina preventiva più efficace e più sicura contro le malattie infettive. L’avvento dei vaccini ha permesso di debellare malattie molto gravi come il vaiolo e la poliomielite, di prevenire molte infezioni e salvare milioni di vite ogni anno.

Il vaccino viene somministrato generalmente attraverso una iniezione che introduce nel nostro corpo una sostanza che verrà riconosciuta dal nostro sistema immunitario.

Il sistema immunitario, quando entra in contatto con una sostanza estranea (ad esempio un virus, un batterio o un vaccino), si attiva e produce armi specifiche contro virus e batteri, cioè gli anticorpi e le cellule della memoria.

Grazie alla memoria immunologica siamo capaci di ricordare l’incontro anche per molti anni e siamo protetti da eventuali reinfezioni. La memoria immunologica suscitata dalla vaccinazione ci rende immuni per molti anni e, in alcuni casi, per tutta la vita.

 

TIPOLOGIE DI VACCINO

I vaccini si possono classificare nelle seguenti due categorie:

  • a vettore virale;
  • a mRNA o a RNA messaggero.

 

Vaccini a vettore virale

I vaccini a vettore virale sono un tipo di vaccino molto utilizzato, ad esempio per combattere l’influenza. Un vaccino a vettore virale è un farmaco che utilizza un virus, alterato in laboratorio e reso totalmente inattivo, per portare all’interno della cellula un “pezzo” dell’agente infettivo al fine di prevenire l’infezione. In questo modo il vaccino, una versione indebolita del virus, una volta iniettato nella cellula agisce da vettore DNA. Iniettando il vaccino a vettore virale, l’adenovirus (una versione modificata dell’adenovirus dell’essere umano o dello scimpanzè, non più in grado di replicarsi) agisce da vettore per il trasporto nelle cellule delle istruzioni per creare (sintetizzare nel nucleo delle cellule umane) la proteina Spike in grado di infettare le cellule dell’organismo. In questo modo, quando la Spike viene a contatto con la cellula, il sistema immunitario si attiva contro la proteina e produce degli anticorpi che agiranno da agenti protettivi dall’infezione nel caso in cui l’organismo venisse a contatto con il virus.

 

Una volta iniettato il vettore, la cellula viene stimolata per produrre la proteina Spike ed essere così in grado di produrre gli anticorpi.

 

La tecnologia è la stessa alla base del primo vaccino approvato per Ebola alla fine del 2019.

Si sottolinea che il vaccino a vettore virale non è assolutamente capace di causare alcuna malattia infettiva.

 

A differenza dei vaccini a mRNA, che portano le istruzioni in un filamento singolo di RNA, il vaccino a Vettore virale utilizza un doppio filamento di DNA e, poiché il DNA è meno fragile del RNA, quest’ultimo deve essere conservato a temperature più basse.

 

Dopo che il vaccino è stato iniettato nel braccio di una persona, gli adenovirus entrano in contatto con le cellule e si attaccano alla loro superficie. La cellula avvolge il virus in una bolla e lo attira al suo interno. Una volta all’interno, l’adenovirus fuoriesce dalla bolla e viaggia verso il nucleo dove rilascia il codice genetico (il filamento di DNA) che farà produrre la proteina Spike del Coronavirus. Il sistema immunitario del paziente vaccinato si attiva così contro questa proteina e produce gli anticorpi senza aver mai incontrato il virus del COVID-19.

 

Sono i linfociti T ad attivarsi quando l’organismo entra in contatto con la Spike e contro di essa eseguono le seguenti operazioni:

  • produzione degli anticorpi specifici;
  • trasmissione ai linfociti B dell’indicazione di sintetizzare quelli definitivi;
  • memorizzazione dell’informazione per il futuro.

 

VACCINI A MRNA O RNA MESSAGGERO
I vaccini a RNA messaggero (o mRNA), utilizzano l’RNA come messaggero per la sintetizzazione della proteina Spike.

I vaccini a mRNA arrivano all’obiettivo in modo diverso, in quanto invece di iniettare direttamente una proteina virale, somministrano il materiale genetico – mRNA – in grado di codificare la proteina virale stessa: si inietta l’istruzione per produrre una particolare proteina chiamata Spike. Questa è la proteina che il virus sfrutta per accedere alle cellule: con l’istruzione così iniettata, la cellula produrrà autonomamente la proteina esterna che, una volta riconosciuta dal sistema immunitario, attiverà la produzione degli anticorpi.

Quando queste istruzioni genetiche vengono iniettate nel deltoide, queste entrano nelle cellule muscolari, le quali traducono le informazioni ricevute al fine di produrre la proteina virale direttamente all’interno del corpo del ricevente.

Questa procedura emula quella che fanno in natura i virus, come nel caso del virus SARS-CoV-2; tuttavia, l’mRNA del vaccino è in grado di codificare solamente per il frammento della proteina virale. Questo fatto fornisce al sistema immunitario una sorta di anteprima di come appare il vero virus, senza però poter essere in grado di causare direttamente la malattia. Inoltre, in questo modo viene garantito al sistema immunitario il tempo di reagire e attivare i necessari anticorpi in grado di neutralizzare il vero virus nel caso in cui l’individuo dovesse essere infettato.

Dopo un’iniezione di mRNA, questa molecola guida la produzione di proteine all’interno delle cellule muscolari che raggiungono livelli massimi per 24-48 ore e che possono durare per qualche giorno in più.

Si osservi che il vaccino a mRNA non è in grado di alterare il DNA per i seguenti motivi:

  • l’RNA messaggero non possiede le istruzioni per farlo;
  • l’RNA messaggero non può entrare nel nucleo della cellula, la parte contenente il genoma;
  • l’RNA messaggero non dispone degli enzimi, come la retrotrascrittasi, per poterlo fare.

 

I vaccini a MRNA non sono in grado di modificare il DNA in quanto trascrivono il DNA in RNA che a sua volta viene tradotto in proteina e il processo inverso NON può mai verificarsi.

 

ANALOGICO O DIGITALE

Dalle precedenti analisi si può concludere che un vaccino a RNA ottiene un risultato simile al vaccino tradizionale (informare e addestrare il sistema immunitario) ma con una precisione più elevata. Si può paragonare, infatti, la vaccinazione tradizionale ad una tecnica analogica, mentre la vaccinazione a mRNA a quella digitale.

 

IL CODICE SORGENTE DEL VACCINO A mRNA BIONTECH/PFIZER CONTRO IL SARS-COV-2

Come può un codice informatico generare un vaccino? Come può una sequenza di simboli generare un liquido che viene iniettato in un braccio? Qual è la relazione tra il mondo informatico e quello biologico della vita?

Il codice sorgente (codice informativo) del vaccino a mRNA BioNTech/Pfizer (chiamato anche BNT162b2, o Tozinameran, o ancora Comirnaty) è una sequenza digitale costituita da 4284 caratteri, i cui primi 500 sono rappresentati nella seguente immagine.

Primi 4284 caratteri della sequenza genetica del vaccino BNT162b2

 

Diversamente dal codice binario dei computer, basato sugli 0 e 1, il codice sorgente del vaccino in questione è basato sui nucleotidi (o basi) A, C, G e U/T.

 

Il codice sorgente del vaccino a mRNA BioNTech/Pfizer è stato ricavato da Bert Hubert (un ingegnerie olandese di 45 anni), il quale ha decostruito e analizzato il vaccino stesso al fine di capirne il funzionamento (come fosse un computer) e diffonderne i dati. È quindi un caso classico di reverse engineering sul primo rivoluzionario vaccino a mRNA a diffusione mondiale.

 

Il codice sorgente del vaccino pesa soltanto 7,5 kiloByte, davvero pochi se pensiamo che le memorie degli attuali computer sono anche superiori a decine di TeraByte.

Il codice, che è di dominio pubblico, è reperibile dal sito dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Il genoma del vaccino viene pertanto trattato, dal punto di vista informatico, come il codice sorgente di un programma.

Il processo di produzione del vaccino inizia pertanto da questo codice sorgente che immesso in una stampante di DNA ne consente la trasformazione in una sequenza di DNA. È davvero incredibile come partendo da un codice informatico, espresso in Byte, si ottengano delle vere e proprie molecole di DNA.

La stampante utilizzata, dal costo di circa 50 mila dollari, è rappresentata nella seguente immagine:

Una stampante Codex DNA BioXp 3200 DNA printer

 

Una stampante di DNA è un dispositivo in grado di produrre sequenze di DNA a partire da un codice sorgente digitale.

 

La stampante di DNA, infatti, produce piccole quantità di DNA che solo dopo vari passaggi chimici e biologici possono diventare RNA. Una dose di 30 µg contiene appunto 30 µg di RNA. Inoltre, il processo di produzione del vaccino utilizza un ingegnoso sistema di impacchettamento con lipidi (i grassi) che porta l’mRNA fin dentro le cellule umane.

 

 

 

IL CODICE SORGENTE DELLA CELLULA: CODICE BINARIO E SEQUENZA DI BASI AZOTATE

Si può fare la seguente analogia fra il mondo informatico e il mondo cellulare.

Sistema informatico Sistema biologico
Codice binario

(sequenza di 0 e 1)

Sequenza di basi azotate
Memoria di lavoro volatile (RAM) RNA
Memoria secondaria permanente (Hard Disk o SSD) DNA
Microcomputer Cellula
Chiave di accesso al sistema Spike

 

Spike agisce come una chiave per permettere l’accesso dei virus nelle cellule, in cui possono riprodursi.

 

La cellula è l’unità fondamentale (la più piccola struttura ad essere classificabile come vivente) di tutti gli organismi animali e vegetali. La cellula può essere pensata come un microcomputer, una macchina microscopica in grado di eseguire delle istruzioni ben precise, che ne garantiscono il funzionamento, la sopravvivenza e la riproduzione.

La sequenza di basi all’interno del DNA non è casuale ma seguono delle ben precise regole: una A (Adenina) su un’elica si “connette” ad una T (Timina) sull’altra elica, mentre una C (Citosina) si connette ad una G (Guanina).

Mentre il linguaggio binario delle macchine elettroniche programmabili si basa su alfabeto costituito soltanto da due simboli, lo 0 e l’1 (codice binario), il linguaggio biologico si basa sui nucleotidi (o nucleosidi o ancora basi).

Mentre il codice binario, alla base del linguaggio utilizzato dai calcolatori, è composto da sequenze di 0 e 1 (i bit), le cellule, invece, si basano su una sequenza di basi azotate, identificate con le lettere A (Adenina) e G (Guanina), C (Citosina) e T (Timina). Le basi A e G sono anche dette “purine”, mentre le basi Ce T sono anche chiamate “pirimidine”.

 

Utilizzando la seguente codifica si può osservare come ogni base è codificabile in binario come una coppia di bit:

Base bit
A 00
C 01
G 10
T 11

 

Dato che il genoma umano consiste di circa 3.1 miliardi di coppie di basi si può determinare il numero totale di bit utilizzati:

3.1 miliardi di coppie * 2 bit/coppia = 6.2 miliardi di bits  775 MegaByte

 

In natura, A, C, G e T sono molecole, immagazzinate come catene nel DNA (o nel RNA dove al posto della T c’è la U – Uracile).

 

L’RNA si comporta come una memoria di lavoro del calcolatore (la RAM, la memoria volatile). L’RNA, infatti, può essere pensato come la versione volatile del DNA. Il DNA invece è la memoria permanente (ovvero l’Hard Disk o l’SSD-disco allo stato solido) delle scienze biologiche. L’RNA ha una struttura molto più semplice e più delicata del DNA, e le informazioni sono volatili. L’RNA, una volta compiuto il suo lavoro, va incontro a rapida degradazione.

 

Proprio come un calcolatore, il codice (di un programma) non viene eseguito direttamente dalla “memoria permanente”, ma dalla “memoria di lavoro”: il codice presente nella “memoria permanente” viene infatti caricato nella “memoria di lavoro” (un’altra memoria decisamente più versatile e veloce) e successivamente eseguito dal microprocessore.

La RAM ha però l’inconveniente di perdere il suo contenuto quando si spegne il computer. Allo stesso modo il contenuto dell’RNA si degrada molto velocemente nel tempo, sia quello prodotto naturalmente dalle celle sia quello prodotto artificialmente da un vaccino. Per questa ragione il vaccino a mRNA deve essere custodito in potenti congelatori in grado di mantenerlo a temperature molto basse.

Il DNA, diversamente dall’RNA, è molto più robusto, internamente ridondante, e molto più affidabile e, proprio come avviene nei computer, non possono eseguire direttamente il codice, il quale deve essere caricato su un altro supporto – l’RNA – più versatile ma purtroppo molto più fragile.

 

Il nuovo vaccino è quindi paragonabile a un programma per computer.

 

Il DNA COME DISCO RIGIDO

Il DNA (DeoxyriboNucleic Acid, acido desossiribonucleico) è il codice genetico presente in ogni cellula del nostro corpo: è una sorta di disco rigido (hard disk), una memoria fisica a tutti gli effetti in cui sono contenute tutte le informazioni di cui l’organismo ha bisogno per funzionare. All’interno della doppia elica del DNA sono presenti nucleotidi la cui sequenza di basi azotate è responsabile della sintesi delle proteine necessarie alla crescita e alla sopravvivenza di un essere vivente.

 

L’RNA

L’RNA (RiboNucleic Acid, acido ribonucleico) è, invece, codice genetico derivato dal DNA, il vero “tramite” tra le informazioni presenti nel DNA stesso e quello che sarà il risultato finale dei vari processi metabolici dell’organismo. L’RNA è quindi una sorta di versione volatile del DNA, insomma una memoria RAM.

 

Il DNA, versione biologica di un disco rigido informatico, conserva le informazioni per milioni di anni. Queste informazioni devono però essere tradotte in proteine in grado di assolvere a tutte le funzioni essenziali per permettere la sopravvivenza della cellula, lo scambio di informazioni con cellule limitrofe, etc.

 

L’mRNA

mRNA è l’RNA messaggero, nient’altro che quella tipologia di RNA fondamentale per trasferire l’informazione genetica dal DNA nei siti cellulari (ribosomi) in cui avviene la sintesi delle proteine.

 

Per creare una proteina però è necessario trascrivere il DNA in catene di RNA messaggero (mRNA), la memoria volatile del sistema biologico. Di fatto, è l’RNA, una sorta di copia volatile del DNA, a svolgere il compito di produrre una proteina.

 

Nei computer, le sequenze, sono raggruppate in sequenze di 8 bit, ovvero un Byte, e il Byte è la tipica unità di dati che viene elaborata.

La Natura, invece, raggruppa tre nucleotidi in un codone, e il codone è la tipica unità che prende parte all’elaborazione. Un codone contiene 6 bit di informazione (2 bit per ogni base del DNA, 3 basi = 6 bit). Questo significa che ogni codone può avere 26 = 64 valori diversi.

 

Le istruzioni contenute nell’mRNA (sequenze di basi) vengono lette dai ribosomi, altre molecole che svolgono lo stesso compito di una stampante 3D. La lettura del codice avviene scomponendo la sequenza in gruppi di 3 basi (3 caratteri) chiamati codoni. I codoni, infatti, giocano lo stesso ruolo dei byte nel sistema informatico. Dato che un codone contiene 3 basi e ogni base è codificata con 2 bit, ogni codone è rappresentabile con 6 bit. Si conclude, quindi, che si possono avere 26 = 64 amminoacidi diversi (ogni codice corrisponde ad un amminoacido).

In realtà, il numero di amminoacidi è inferiore a 64 dato che codoni diversi vengono mappati (cioè codificati) sullo stesso amminoacido:

Gli amminoacidi sono come i blocchi di base che costituiscono un programma: le loro molteplici combinazioni danno luogo a differenti programmi. Allo stesso modo le differenti combinazioni degli amminoacidi danno luogo alla varietà di proteine che vengono prodotte dalla cellula.

 

La tecnologia modRNA alla base del vaccino BNT162b2

La tecnologia utilizzata dagli scienziati per indurre la produzione di determinate proteine in un certo contesto cellulare è chiamata a RNA modificato, infatti, modRNA sta per “nucleoside-modified messenger RNA” ed è esattamente il tipo di informazione genetica presente nel vaccino BNT162b2 in oggetto. Si tratta di una molecola di mRNA realizzata in laboratorio in cui alcuni nucleosidi della sequenza originale vengono sostituiti da forme naturali modificate oppure da analoghi nucleosidici sintetici. Nel caso del vaccino in questione, all’interno della sequenza genetica non vi è il nucleoside contenente l’Uracile (lettera U), ma è presente una “versione” sintetica (1-metil-3’-pseudouridina) identificata con la lettera greca Ψ (psi).

 

 

Il vaccino Pfizer è stato sviluppato come un software

 

Procedura di produzione del vaccino

Lo scopo ultimo del vaccino è quello di stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi contro la proteina spike sopra citata, senza però – ovviamente – indurre malattia.

Si descrive ora in una forma notevolmente semplificata la complessa procedura di produzione del vaccino.

Il codice sorgente del vaccino viene immesso in una stampante a DNA la quale è in grado di produrre piccole quantità di DNA e dopo diversi processi chimici e biologici diventano RNA.

In una fiala del vaccino sono contenuti 30 microgrammi di RNA e, grazie ad un ingegnoso sistema di impacchettamento con i lipidi (i grassi), l’mRNA (l’RNA messaggero) viene portato all’interno delle cellule dell’essere umano.

 

 

NB

Il vaccino della BioNTech/Pfizer è infatti chiamato a mRNA e rappresenta una soluzione di gran lunga differente rispetto a quelle del passato.

 

 

Grazie a questo piccolo segmento di codice genetico (modRNA), una volta immesso nelle cellule umane, non ne provocano alcun danno né modifica permanente al codice DNA, stimolando invece le cellule stesse a produrre una proteina spike modificata in grado di attivare il sistema immunitario.

 

 

Nei vaccini a mRNA si inietta l’istruzione per produrre una particolare proteina chiamata spike.

 

 

Quanto è pesante una dose?

Dato che ogni carattere del RNA pesa nell’ordine di 0,53 * 10-21 grammi, in una singola dose da 30 microgrammi ci sono 6 * 10+16 caratteri equivalenti a circa 25 PetaByte di codice (in realtà si tratta di circa 2000 miliardi di ripetizioni dei medesimi 4284 caratteri) mentre il contenuto informativo del vaccino è di 4 KiloByte (mentre il codice sorgente del virus SARS-CoV-2 pesa 7,5 KiloByte).

L’organismo, una volta “esposto” a queste nuove proteine, sarà in grado velocemente di produrre anticorpi in grado di “contrastare” la proteina modificata in questione e, allo stesso tempo, anche le potenziali proteine spike “originali” del coronavirus vero e proprio. In altri termini, il vaccino non fa altro che “ingannare” il sistema immunitario.

 

 

I soggetti che hanno già affrontato la malattia, almeno per il momento, non hanno bisogno di effettuare la vaccinazione perché già possiedono tutti gli anticorpi necessari per non riammalarsi. Sebbene siano stati riscontrati sporadici casi di “doppia positività”, l’immunità da una pregressa infezione da SARS-CoV-2 dovrebbe essere garantita per molto tempo (mesi, se non anni). Solo nei prossimi mesi si potrà avere un’idea sulla durata degli anticorpi; questo vale sia per i soggetti malati e guariti, sia per tutti coloro che faranno la vaccinazione (con, dunque, i sicuri richiami).